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This opera by Daniele Scanferlato is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

domenica

Eppure

Eppure sono solo parole. Non dovrebbero ferire. Non dovrebbero far male. Balle. Il livido passa, la parola resta. Per sempre. E’ l’arma più potente, quella che ferisce di più. A volte penso che ci sia una sorta di sadismo verso chi sta già male. Ma che senso ha? Giri il coltello nella piaga. Basta. Stop. Sfoghi sfoghi sfoghi. Fa bene sfogarsi. Fa bene parlare. A me ora fa bene scrivere. Se mi chiedono come sto, non so cosa rispondere. “Si dai tutto sommato bene” è la prediletta. Perché poi scatterebbero le classiche domande. E non c’ho voglia di rispondere sempre. Non voglio che questo foglio risponda per me, assolutamente. Forse mi rispondo da solo scrivendo. Forse riuscirò a ritrovare quella pace interiore che ora fa fin troppo rumore. Fin troppo casino. Casino casino casino. E con tutto questo casino non riesco a dormire. Non riesco a rilassarmi. Non riesco, punto. Non si può ritrovare la serenità, ti viene data. La subisci. Puoi cercala, certo, ma sarà sempre lei a venire da te. “Io sto bene qui seduto in riva al fosso”. Ma forse quella che vorrei mi rispecchiasse ora sarebbe “leggero nel vestito migliore nella testa un po' di sole ed in bocca una canzone”. Mi piacerebbe sentirmi leggero in questo momento. Magari seduto in riva a un fosso sotto il sole a cantare. Wow. Che tranquillità, che pace. Ci sei solo tu. Al posto del fosso potremmo metterci un laghetto, e il paesaggio sarebbe più invitante, ma non sarebbe la stessa cosa. Il fosso. Metafora di difetti, disgrazie, errori. Al laghetto ci arriverai più avanti quando avrai rimediato agli errori del fosso. E’ la logica evoluzione del fosso. “Dove passerà la banda col suo suono fuori moda col suo suono un giorno un po' pesante e un giorno invece troppo leggero? Mentre Key si sbatte perché le urla la vena pensi che sei fortunato: ti e' mancato proprio solo un pelo…”. Non mi sento il diritto di sentirmi leggero. Non ora.

venerdì

Frammenti

"Il presente non è che un frammento di tempo che inevitabilmente fugge nel passato con la parola". Non sto poco bene. E’ venuta così…a caso. Anche se niente è dato al caso. Non sono un filosofo, non fumo erba. Non più. Eppure vedendo svanire il fumo di quella sigaretta, pensando al periodo di merda che sto passando, pensando a me stesso, è nata questa frase. Potrei metterla come citazione preferita nei network. Però non sono nessuno e gli unici commenti sarebbero “ma chi cazz’è sto qua?”. Sono sboccato, sono volgare. Mica sempre però, so essere anche gentile ed educato. Carino e coccoloso. “Ragazzi, voi due riuscireste a vendere anche una ciofeca”. La citazione che preferisco. La frase che mi ha fatto più effetto. Ma non devo illudermi, non lo farò. Sono ancora uno sbarbato, devo crescere, voglio crescere. E ce la farò. Lo prometto. A me stesso. Non agli altri, non me ne frega più nulla degli altri. E gli amici? Me li scelgo bene ora. Ci sono quelli che ti stanno vicino quando ne hai bisogno, e quelli che ti voltano le spalle, ti sputano dietro. I veri amici li riconosci. Possono essere quelli d’infanzia, con i quali andavi in bici in ordine d’età, con i quali andavi a giocare al campetto vicino casa, con i quali andavi a prendere un gelato le sere d’estate. Quei bambini ora sono cresciuti, eppure quel gelato lo prendi comunque, le partite al campetto le fai comunque, i giri in bici…beh no quelli non più. Da quando ho una macchina sotto il culo non uso più la bici. Anche se l’ho riscoperta ultimamente. Peccato. Ricordi ricordi ricordi. Mi piacerebbe tornare a quell’età, non avere pensieri per la testa, pensare solo a giocare e a far dannare la mamma. Poi ci sono gli amici della post adolescenza. Quelli con cui vai a prenderti uno spritz, una birretta, un prosecchino. Quelli con cui ti fai partite a pes sino a notte fonda, tornando a casa con due occhi da paura. Panico paura. Poi ci sono quelli con cui fai il coglione, ma con cui riesci a fare discorsi che nemmeno te pensavi di poter fare mai. Di quelli profondi, che toccano. Ecco, sono questi gli amici che voglio io. E che non voglio perdere mai. Le donne passano, gli amici restano. Quelli veri. Tanti discorsi, tutti diversi. Epoche diverse. Argomenti diversi. Tutto diverso. Eppure è quello che sto pensando ora. Non scrivo per la cronaca, non scrivo per i commenti e non scrivo per le critiche. Scrivo per me stesso. Ho ripreso in mano un diario troppo vecchio per potermi ricordare le parole usate in esso. Era quell’estate del 2006 Marina di Venezia. Cameriere. Mai più. Però mamma mia che figata. E’ quell’anno che ho cominciato a scrivere qualcosina. Per caso. Vedendo il mio amico, coinquilino e collega sorridere quando rileggeva il suo diario. Ricordava. Volevo ricordare anche io, immaginare la faccia che avrei fatto rileggendo quelle pagine. Fa bene scrivere, ti aiuta a sfogarti. Ricordi ricordi ricordi. Ultimamente mi faccio parecchie domande. Le più accreditate sono: “ma perché?”, “che cazzo mi succede?”, “cosa faccio?”. Ma quella che preferisco è “quando cazzo finiscono questi esami?”. Alle persone che mi domandano se mi piace quello che faccio, se mi piace fare il grafico, io gli rispondo: “è un mondo di merda, ma lo adoro”. Adoro quello che faccio. Mi piace davvero. Ha i suoi pro e i suoi contro, ma nell’insieme riesco a gestire il tutto. Per ora. Speriamo di continuare così. Ma se riesco a vendere anche una ciofeca, cosa vuoi che sia dare sette esami in un mese? Errore, riusciamo a vendere una ciofeca, io da solo non ci riuscirei. Io da solo non saprei fare nulla. O almeno credo. Forse solo in parte. Un quarto di ciofeca. Il resto è solo merito Suo. Lui. Colui che mi ha cresciuto. Colui che mi ha portato alla convinzione di poter diventare qualcuno. Non voglio citarlo, non sarebbe giusto. E’ coperto dai diritti Creative Commons.
Non so se è soltanto fantasia o se è solo una follia, quella stella lontana laggiù però io la seguo e anche se so che non la raggiungerò potrò dire ci sono anch’io. Chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te. E so che non è una fantasia, non è stata una follia, quella stella, la vedi anche tu, perciò io la seguo e adesso so che io la raggiungerò perché al mondo ci sono anch’io.
Grazie anche a te Max.

martedì

Dove sta la felicità

Dove sta la felicità? Si riesce ad essere realmente felici? Perché quando riusciamo a raggiungere un traguardo, risolvere un problema o ottenere ciò che cercavamo sbucano fuori altri problemi, bisogni, sogni da realizzare? Allora la felicità che raggiungiamo è solo momentanea, è solo una frazione di vita che ci illude. Ci illude di aver risolto un problema. Ci illude di aver raggiunto un traguardo perché ne troviamo subito tanti altri. La felicità ci illude.

Dovrei avere il cuore in pace allora, ho trovato una soluzione, non illudermi. Ma è più forte di me. Sarebbe come chiedere ad un uccellino di non provare mai a volare.

La vita ti viene data alla nascita, non la ricerchi te, non te la scegli, non puoi decidere che tipo di vita avere, te puoi soltanto crearti dei problemi in questa vita, e risolverli man mano che te li crei. La vita è una continua decisione, è un bivio infinito. Te devi solo scegliere quale strada prendere. Il Liga direbbe “Sempre sulla mia strada”, che sia da solo o meno, sono io che faccio le mie scelte, e io devo assumerne le responsabilità. Luciano Ligabue (Correggio, 13 marzo 1960) è stato molto importante per me, per la mia vita, o meglio, le sue canzoni sono state importanti. Posso dire che riesco ad immedesimarmi in quasi tutte le sue canzoni. Liga non mi accompagna da molto, ho cominciato ad ascoltarlo grazie a degli amici all’età di 14 anni, e non mi ha più abbandonato. Mi dà la forza, mi fa piangere, mi fa ricordare, mi fa sentire la mancanza di qualcosa. Già, perché sento che mi manca sempre qualcosa. Dentro di me c’è un buco ancora da riempire. E non so dove cercare questa mancanza. Forse ero riuscito a riempirlo, e poi si è svuotato nuovamente. Forse non l’ho mai riempito e sono ancora alla ricerca di quel qualcosa. Quel qualcosa che mi renderebbe felice. “I Duri hanno due Cuori”. Valuta sempre quale usare dei due. Cerca sempre di dare un po’ di energie sia all’uno che all’altro. Non regalarli, tienili per te. Dalli in prestito ma poi fatteli tornare. Ne hai bisogno. Di entrambi.

Non voglio fare il moralista. Io scrivo per sfogarmi. Anzi, veramente è la prima volta che scrivo in questo modo, ma sento il bisogno di farlo. Per ricordare. Esatto, ricordare come mi sento ora, non fare gli stessi errori che mi affliggono in questo momento. Dove vado? Cosa faccio? Ma soprattutto, perché? “C’è una linea sottile tra aspettare e scoppiare, cosa pensi di fare, da che parte vuoi stare”. Non puoi tenerti sempre tutto dentro, rischieresti di scoppiare, ma devi stare attento a quello che dici, allo stesso tempo devi deciderti e capirti in fretta, perché il treno passa una volta sola. Il rischio è quello di non poter più rivedere quella città che tanto hai desiderato vedere.

Attento ai ricordi. Ti fottono. Ti inducono a prendere quel treno, perché quella città ti era piaciuta, perché ne eri affascinato e ti eri innamorato. Il passato è passato, pensa al futuro, non al passato. Tantomeno al presente. Il presente non esiste. Non è che un attimo che fugge nel momento stesso in cui ci pensi. Sarebbe bello pensare di valorizzare ogni frangente di presente, rendendo unico il futuro. Sarebbe bello. Sarebbe. Fai le tue scelte in modo da valorizzare quell’attimo di presente che ti si para davanti. Il passato può essere stato bello, ma ormai che ci vuoi fare.

Ma il presente, l’unico tempo

Questo istante, questo momento

Il presente, sta succedendo

Va goduto, gustato, annusato, mangiato

Max Pezzali. Un altro che ha contribuito a farmi crescere. Mi riporta indietro nel tempo. Io ci sono cresciuto con Max. “Voglio farti innamorare tanto voglio diventare il tuo supereroe voglio essere il migliore al mondo almeno per noi due”. Sono fatto così, voglio sempre dare il possibile, voglio sempre donare il mio cuore.

Penso penso penso. E più penso, più sto male. E penso che sto male. Angoscia. Ma è giusto così? Si, me la sono cercata io. Ti aggrappi agli amici, l’unica sicurezza che hai. Ti aggrappi alla musica. Fuggi dalla droga, dall’alcool. Fuggi dai ricordi. Vorresti fuggire dalla realtà, ma purtroppo è sempre lì, e si manifesta a te inaspettatamente. Creando una sorta di stupore, timore, ansia. E poi te la trovi là, davanti a te. Fermi entrambi. Non sai cosa fare, non escono parole. Il tremolio delle tua gambe ti accompagna. Il passato con lei ti scorre davanti. Non parli perché sei troppo concentrato a rivedere tutti quei frames che inevitabilmente ti scorrono davanti agli occhi. Provi a dirle qualcosa, ma non ci riesci. Sai che vorrebbe provarci lei a dire qualcosa, ma si limita ai finti sorrisi per le battute degli amici. Volevi vederla. Oppure no? Lo facevi credere. Ma ne sei sicuro? Se ne sei così sicuro perché non riesci a dire nulla? Eppure non è difficile parlare, te sei dialetticamente dotato Daniele, cazzo! Eppure nulla. Solo dopo un po’ di tempo riuscite a spiattellare qualcosa. Come stai? A casa tutto bene? Poi di nuovo nulla. Non vuoi dire niente, non vuoi sapere che sta di nuovo male. Per colpa tua. Ora che è rinata non puoi ucciderla di nuovo. Hai fatto un grosso errore, non dovevi farlo, non dovevi venire, non dovevi parlarle. Mi hai deluso profondamente. Eppure chi sono gli altri per dire quello che devo fare io? Sono responsabile delle mie azioni. Appunto perché sono MIE. Ecco, la gente che si mette in mezzo. Odio. Non è proprio odio, è una parola troppo dura, direi fastidio. Ma un po’ di più di fastidio. Io so tutto, non serve che mi si dica nulla dei fatti. Mi informo da solo. Soprattutto le cose ovvie. Non osare. Non a me. Ma anche se non fosse a me, si chiama rispetto. Fa male ad entrambi. Ma non lo capiscono. Dovremo portarci questo peso sulle spalle per tanto tempo, chissà, forse per sempre. Non li vedi i suoi occhi? Sono stupendi. Eppure lacrimano. Ora sono rossi, ha pianto tutta la notte. Guardala stronzo, guardala. La vedo, la sento. Non serve dire nulla. Si chiama simbiosi. Senza che tu mi dicessi tutto questo sapevo già tutto. Minchia ma sono un mago. Già. Guarda un po’ te. Riesco a cavarmela da solo. Mi ritengo autosufficiente. Magari non in questo momento, ma me la caverò. “E zanzare a vampiri che la succhiano lì, se lo pompano in pancia un bel sangue così. Buonanotte all’Italia, che si fa o si muore o si passa la notte a volerla comprare”. Grazie Liga.