Tra creatività e certezze
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This opera by Daniele Scanferlato is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
sabato
Scanferlato DesignScanferlato Design | Italian Graphic Designer
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mercoledì
Essere adulti non significa non avere mai bisogno di aiuto.
martedì
Eppure sei sempre qua.
Ricordo quando quel giorno siamo andati in quell'allevamento talmente sommerso di cagnolini che te quasi annegavi. Ma ho portato a casa te. Che avevi una storia diversa da tutti i tuoi fratellini. Mi sono subito innamorato di quel cucciolo vivace e giocoso. Mi sono subito abituato a quelle ciabatte mangiate e ai palloni bucati. Cosa poteva chiedere di più un ragazzino di 6 anni se non un migliore amico che potesse essere sempre con lui. Ecco cos'avevo trovato. Un compagno di giochi. Crescendo sei diventato anche un prezioso confidente. Quante cose ti ho raccontato. Chissà poi se ti interessavano veramente o se ti facevano comodo le mie coccole.
lunedì
Chissà.
mercoledì
[cit.]
“Mi sta scendendo una lacrima. Come se fosse la fine di un film. Le lacrime scendono sempre alla fine di un film. Dipende dal genere di film. Quelli che toccano il cuore, di quelli parlo io. Ho rispolverato questo bel souvenir un'altra volta. Ha fatto male. Ora lo appoggio lì.” [cit.]
Non è una mia frase ma voglio permettermi di citarla. Perchè questa frase mi ha dato l'input di mettermi a scrivere all'1 suonata di notte. No, non ho sonno. E finchè il polso cammina, facciamo mattina. Quando smetterà di camminare, ci riposeremo. La volta buona che ci potremo riposare. In sottofondo quella playlist che non vuole smettere di suonare. Se fosse un vinile sarebbe consumato. Se fosse una cassetta sarebbe rovinata. Se fosse un cd sarebbe strisciato. Non è nemmeno un mp3. Perchè quella playlist continua a suonare nella testa. E non solo nella mia. Nella testa di chi ascolta. Di chi vuole ascoltare. E di chi la lascia suonare. Non esiste stop, rewind o forward. Forse esiste il pause, ma solamente perchè non vuoi perderti quel frammento di poesia che sta fuggendo velocemente. Non puoi tornare indietro e riascoltarla, devi aspettare il loop. Il continuo loop infinito. Echeggia in quella mente così occupata a pensare ad altro che ti dimentichi di mettere in pausa, di vivere il momento e di farla ripartire.
Dicono che bisogna vivere la vita. Io dico che bisogna viversi la vita, invece. Parliamone. Non bisogna farsi vivere, il protagonista sei tu. Esclusivamente te che dici alla vita come farti vivere. Momento filosofico.
Succede quando ti capita qualcosa di inaspettato. Quando ti vengono date delle parole che da sole valgono poco, ma che messe assieme hanno un valore enorme. Quando qualcuno dice alla vita come farti vivere. L'input. Dato da quel fratellino che non hai mai avuto. Ma che hai sempre riconosciuto come tale. Non di sangue, ma di esperienze. Di souvenir.
domenica
L'ora d'aria.
venerdì
mercoledì
venerdì
giovedì
Momenti.
Il numero di respiri che fate nella vita sono irrilevanti. Quello che conta sono i momenti che il respiro ve lo tolgono.
Sarà questo il titolo di questa pagina. Cercano tutti di vivere il momento e cercare di ricordarli tutti. Io credo che bisogna valutare quali sono gli attimi che veramente vale la pena di ricordare. Perché se poi vuoi ricercarlo, non lo trovi più. Gli altri attimi lo sovrastano. Bisognerebbe ricordare quel fuoco che arde in quell'attimo. Tanto poi resta la cenere da quel fuoco. E' naturale, i fuochi si spengono, le ceneri restano.
martedì
Se solo.
Se solo avessi le parole, te lo direi, anche se mi farebbe male, se io sapessi cosa dire, io lo farei, lo farei lo sai. Se lo potessi immaginare, dipingerei il sogno di poterti amare. Se io sapessi come fare ti scriverei. Una canzone d’amore. Per farmi ricordare. Per farti addormentare.
Sento i ricordi. Li vivo. O meglio, sono loro che vivono me. Mi cercano, mi trovano e poi mi stanno addosso, non mi lasciano più. I ricordi mi amano. Cerco di lasciarli perdere, cerco di liberarmene. Invano. Ti condizionano, ti portano via con sé, vogliono averti. Perché l’uomo continua inesorabilmente a guardare il passato? Perché l’uomo vive di passato. Ne ha bisogno. L’uomo ha paura del futuro, per questo usa il passato come nascondiglio. E’ quel posto che ognuno ricerca per ritirarsi in se stesso, per liberarsi per qualche momento di quel peso che lo affligge. E’ una continua fuga da quello che non sa. Quel che è stato, è stato. Ormai sai com’è. L’esperienza aiuta. Quanta saggezza in questa semplice frase. Ricordi. Mi invadono. Mi tormentano. Ma non infastidiscono. Quei posti, quelle parole. Quei posti. Troppi. Si, sono troppi per non riviverli ancora una volta. Con gli occhi di oggi, ma lo sguardo di ieri. Quello sguardo ancora una volta ingenuo, perso tra le pagine di un libro ancora vuoto. L’unico scrittore del tuo libro, sei tu. Te puoi scegliere i protagonisti, a volte anche la trama. Quello che ancora non sai è come andrà a finire. Ne inizi uno, magari lo finisci. Lo sfogli, lo chiudi. Poi lo riapri di nuovo e lo sfogli un’altra volta. Riguardi indietro. Ti giri. Ricerchi i protagonisti. Ma non ci sono più. Hai chiuso quel libro, ne hai iniziato un altro. Forse ho capito lo scopo della vita. Riuscire a scrivere un libro fino alla fine.
domenica
Eppure
Eppure sono solo parole. Non dovrebbero ferire. Non dovrebbero far male. Balle. Il livido passa, la parola resta. Per sempre. E’ l’arma più potente, quella che ferisce di più. A volte penso che ci sia una sorta di sadismo verso chi sta già male. Ma che senso ha? Giri il coltello nella piaga. Basta. Stop. Sfoghi sfoghi sfoghi. Fa bene sfogarsi. Fa bene parlare. A me ora fa bene scrivere. Se mi chiedono come sto, non so cosa rispondere. “Si dai tutto sommato bene” è la prediletta. Perché poi scatterebbero le classiche domande. E non c’ho voglia di rispondere sempre. Non voglio che questo foglio risponda per me, assolutamente. Forse mi rispondo da solo scrivendo. Forse riuscirò a ritrovare quella pace interiore che ora fa fin troppo rumore. Fin troppo casino. Casino casino casino. E con tutto questo casino non riesco a dormire. Non riesco a rilassarmi. Non riesco, punto. Non si può ritrovare la serenità, ti viene data. La subisci. Puoi cercala, certo, ma sarà sempre lei a venire da te. “Io sto bene qui seduto in riva al fosso”. Ma forse quella che vorrei mi rispecchiasse ora sarebbe “leggero nel vestito migliore nella testa un po' di sole ed in bocca una canzone”. Mi piacerebbe sentirmi leggero in questo momento. Magari seduto in riva a un fosso sotto il sole a cantare. Wow. Che tranquillità, che pace. Ci sei solo tu. Al posto del fosso potremmo metterci un laghetto, e il paesaggio sarebbe più invitante, ma non sarebbe la stessa cosa. Il fosso. Metafora di difetti, disgrazie, errori. Al laghetto ci arriverai più avanti quando avrai rimediato agli errori del fosso. E’ la logica evoluzione del fosso. “Dove passerà la banda col suo suono fuori moda col suo suono un giorno un po' pesante e un giorno invece troppo leggero? Mentre Key si sbatte perché le urla la vena pensi che sei fortunato: ti e' mancato proprio solo un pelo…”. Non mi sento il diritto di sentirmi leggero. Non ora.
venerdì
Frammenti
martedì
Dove sta la felicità
Dove sta la felicità? Si riesce ad essere realmente felici? Perché quando riusciamo a raggiungere un traguardo, risolvere un problema o ottenere ciò che cercavamo sbucano fuori altri problemi, bisogni, sogni da realizzare? Allora la felicità che raggiungiamo è solo momentanea, è solo una frazione di vita che ci illude. Ci illude di aver risolto un problema. Ci illude di aver raggiunto un traguardo perché ne troviamo subito tanti altri. La felicità ci illude.
Dovrei avere il cuore in pace allora, ho trovato una soluzione, non illudermi. Ma è più forte di me. Sarebbe come chiedere ad un uccellino di non provare mai a volare.
La vita ti viene data alla nascita, non la ricerchi te, non te la scegli, non puoi decidere che tipo di vita avere, te puoi soltanto crearti dei problemi in questa vita, e risolverli man mano che te li crei. La vita è una continua decisione, è un bivio infinito. Te devi solo scegliere quale strada prendere. Il Liga direbbe “Sempre sulla mia strada”, che sia da solo o meno, sono io che faccio le mie scelte, e io devo assumerne le responsabilità. Luciano Ligabue (Correggio, 13 marzo 1960) è stato molto importante per me, per la mia vita, o meglio, le sue canzoni sono state importanti. Posso dire che riesco ad immedesimarmi in quasi tutte le sue canzoni. Liga non mi accompagna da molto, ho cominciato ad ascoltarlo grazie a degli amici all’età di 14 anni, e non mi ha più abbandonato. Mi dà la forza, mi fa piangere, mi fa ricordare, mi fa sentire la mancanza di qualcosa. Già, perché sento che mi manca sempre qualcosa. Dentro di me c’è un buco ancora da riempire. E non so dove cercare questa mancanza. Forse ero riuscito a riempirlo, e poi si è svuotato nuovamente. Forse non l’ho mai riempito e sono ancora alla ricerca di quel qualcosa. Quel qualcosa che mi renderebbe felice. “I Duri hanno due Cuori”. Valuta sempre quale usare dei due. Cerca sempre di dare un po’ di energie sia all’uno che all’altro. Non regalarli, tienili per te. Dalli in prestito ma poi fatteli tornare. Ne hai bisogno. Di entrambi.
Non voglio fare il moralista. Io scrivo per sfogarmi. Anzi, veramente è la prima volta che scrivo in questo modo, ma sento il bisogno di farlo. Per ricordare. Esatto, ricordare come mi sento ora, non fare gli stessi errori che mi affliggono in questo momento. Dove vado? Cosa faccio? Ma soprattutto, perché? “C’è una linea sottile tra aspettare e scoppiare, cosa pensi di fare, da che parte vuoi stare”. Non puoi tenerti sempre tutto dentro, rischieresti di scoppiare, ma devi stare attento a quello che dici, allo stesso tempo devi deciderti e capirti in fretta, perché il treno passa una volta sola. Il rischio è quello di non poter più rivedere quella città che tanto hai desiderato vedere.
Attento ai ricordi. Ti fottono. Ti inducono a prendere quel treno, perché quella città ti era piaciuta, perché ne eri affascinato e ti eri innamorato. Il passato è passato, pensa al futuro, non al passato. Tantomeno al presente. Il presente non esiste. Non è che un attimo che fugge nel momento stesso in cui ci pensi. Sarebbe bello pensare di valorizzare ogni frangente di presente, rendendo unico il futuro. Sarebbe bello. Sarebbe. Fai le tue scelte in modo da valorizzare quell’attimo di presente che ti si para davanti. Il passato può essere stato bello, ma ormai che ci vuoi fare.
“Ma il presente, l’unico tempo
Questo istante, questo momento
Il presente, sta succedendo
Va goduto, gustato, annusato, mangiato”
Max Pezzali. Un altro che ha contribuito a farmi crescere. Mi riporta indietro nel tempo. Io ci sono cresciuto con Max. “Voglio farti innamorare tanto voglio diventare il tuo supereroe voglio essere il migliore al mondo almeno per noi due”. Sono fatto così, voglio sempre dare il possibile, voglio sempre donare il mio cuore.
Penso penso penso. E più penso, più sto male. E penso che sto male. Angoscia. Ma è giusto così? Si, me la sono cercata io. Ti aggrappi agli amici, l’unica sicurezza che hai. Ti aggrappi alla musica. Fuggi dalla droga, dall’alcool. Fuggi dai ricordi. Vorresti fuggire dalla realtà, ma purtroppo è sempre lì, e si manifesta a te inaspettatamente. Creando una sorta di stupore, timore, ansia. E poi te la trovi là, davanti a te. Fermi entrambi. Non sai cosa fare, non escono parole. Il tremolio delle tua gambe ti accompagna. Il passato con lei ti scorre davanti. Non parli perché sei troppo concentrato a rivedere tutti quei frames che inevitabilmente ti scorrono davanti agli occhi. Provi a dirle qualcosa, ma non ci riesci. Sai che vorrebbe provarci lei a dire qualcosa, ma si limita ai finti sorrisi per le battute degli amici. Volevi vederla. Oppure no? Lo facevi credere. Ma ne sei sicuro? Se ne sei così sicuro perché non riesci a dire nulla? Eppure non è difficile parlare, te sei dialetticamente dotato Daniele, cazzo! Eppure nulla. Solo dopo un po’ di tempo riuscite a spiattellare qualcosa. Come stai? A casa tutto bene? Poi di nuovo nulla. Non vuoi dire niente, non vuoi sapere che sta di nuovo male. Per colpa tua. Ora che è rinata non puoi ucciderla di nuovo. Hai fatto un grosso errore, non dovevi farlo, non dovevi venire, non dovevi parlarle. Mi hai deluso profondamente. Eppure chi sono gli altri per dire quello che devo fare io? Sono responsabile delle mie azioni. Appunto perché sono MIE. Ecco, la gente che si mette in mezzo. Odio. Non è proprio odio, è una parola troppo dura, direi fastidio. Ma un po’ di più di fastidio. Io so tutto, non serve che mi si dica nulla dei fatti. Mi informo da solo. Soprattutto le cose ovvie. Non osare. Non a me. Ma anche se non fosse a me, si chiama rispetto. Fa male ad entrambi. Ma non lo capiscono. Dovremo portarci questo peso sulle spalle per tanto tempo, chissà, forse per sempre. Non li vedi i suoi occhi? Sono stupendi. Eppure lacrimano. Ora sono rossi, ha pianto tutta la notte. Guardala stronzo, guardala. La vedo, la sento. Non serve dire nulla. Si chiama simbiosi. Senza che tu mi dicessi tutto questo sapevo già tutto. Minchia ma sono un mago. Già. Guarda un po’ te. Riesco a cavarmela da solo. Mi ritengo autosufficiente. Magari non in questo momento, ma me la caverò. “E zanzare a vampiri che la succhiano lì, se lo pompano in pancia un bel sangue così. Buonanotte all’Italia, che si fa o si muore o si passa la notte a volerla comprare”. Grazie Liga.